Yes Cilento ha incontrato Anna Prizio di Casa Iuorio, azienda agricola che si trova nel borgo di Palomonte, in una zona tra la Valle del Tanagro e i Monti Marzano-Eremita.

Appartenente alla quarta generazione della famiglia che ha avviato l’attività agricola, Anna è una delle tre imprenditrici dell’azienda, precisamente del suo volto attuale. Una donna determinata, profondamente legata alla sua terra, con la dedizione per l’autenticità dei prodotti e dei sapori. Nata ad Avellino nel giugno del 1976, Anna ama cucinare e viaggiare. “Adoro provare nuovi piatti perché credo che il cibo sia un’esperienza culturale utile a conoscere altri popoli”, ha sottolineato. Conserva, in maniera semplice, le tradizioni agricole e culinarie della zona in cui è cresciuta. Dedica molto tempo alla famiglia se pur con le difficoltà connesse alla gestione di un’azienda. “Da donna imprenditrice posso dire che è sempre difficile occuparsi con costanza del proprio lavoro. Gli impegni sono tanti. Il vantaggio di lavorare, tuttavia, in un’azienda a conduzione familiare è proprio il saper trovare il sostegno giusto per poter fare tutto, sempre”.

Che cosa le piace di più e di meno della sua terra?

Apprezzo il fatto che la mia terra offra una bellezza naturalistica e paesaggistica incontaminata, lontano da aree industrializzate, che le permette di rappresentare ancora un presidio per l'agricoltura tradizionale in campo aperto. Quello che non mi piace, invece, è il senso di abbandono delle aree interne. Basterebbe una rete fra attori locali e un sostegno minimo anche da parte delle istituzioni per poter dare delle prospettive migliori a chi ci vive.

Qual è il luogo degli Alburni/Alta Valle del Sele che più le sta a cuore e perché?

Sono molto legata al Santuario di Santa Maria della Sperlonga di Palomonte, il cui nome deriva dal fatto che la struttura è nata nei pressi di una grotta. Anticamente faceva parte di un complesso monastico italo-greco di cui vi sono ancora oggi delle tracce. Il luogo in cui sorge è ricco di suggestioni. Infatti, secondo i racconti popolari che ci sono stati riferiti anche in famiglia, sarebbe stata proprio la Madonna a indicare in sogno a una pastorella del posto, dove erigere il luogo di culto. Il segno sarebbe stato la neve ad agosto. Sulle sue pareti si possono ammirare degli affreschi risalenti al X secolo che raffigurano fra gli altri San Cosma, San Saba e la Madonna Odigitria (colei che indica la via). Inoltre vi è custodita una Madonna che ricorda molto la Madonna del Granato di Paestum. È una chiesa piccola, una navata con campanile, ma racchiude tutta l'essenza dei luoghi della nostra zona che sono ricchi di storia, cultura e tradizioni, che hanno bisogno solo di essere valorizzati.

Se voglio conoscere meglio la zona degli Alburni/Alta Valle del Sele mi può consigliare un itinerario?

Uno dei modi che permettono di conoscere meglio le zone degli Alburni, è seguire il percorso indicato nella pubblicazione "Nelle Terre dei Principi. Guida agli itinerari italogreci in Campania" a cura della Fondazione MIdA di Pertosa. Il motivo? Basta leggere le parole di Massimo Cortese nella recensione della guida, in riferimento agli itinerari turistici selezionati: “... quei luoghi sono pervasi da un'atmosfera magica che trasmette un benessere interiore e favorisce il raccoglimento e la riflessione, come intuirono sin da principio le comunità dell'illustre passato. In quelle terre si respira un senso di immensa gratitudine che unisce gli Esseri Umani, a prescindere dal tempo nel quale sono chiamati a vivere su questa Terra”.

Si parla tanto di aree interne e di rilancio di borghi abbandonati, lei può indicare una soluzione percorribile?

Si potrebbero creare dei percorsi gastronomici da inquadrare in più ampi itinerari turistici, per dare più valore ai luoghi e ai prodotti tipici locali.

Qual è il suo impegno per il Cilento? A cosa sta lavorando o cosa sta progettando per far conoscere meglio il territorio?

Ogni volta che partecipiamo a una fiera, in Italia e all'estero, non facciamo altro che raccontare il nostro territorio di origine attraverso le materie prime che coltiviamo e usiamo per i nostri prodotti artigianali. L’ultima iniziativa in ordine di tempo è Casa Iuorio on the road, una serie di eventi in giro per l'Italia, in cui proporremo degustazioni e consigli in cucina. Il punto di partenza delle nostre iniziative è sempre Palomonte, il territorio da cui tutto nasce.

Come vede l’utilizzo delle nuove tecnologie per raccontare le tradizioni del passato?

Le nuove tecnologie, se usate in modo appropriato, sono un importante alleato del nostro lavoro. Ci permettono di raggiungere persone lontanissime, che letteralmente possono “vedere” quello che facciamo grazie al racconto costante della nostra quotidianità sulle piattaforme social. È proprio grazie a questo impegno che abbiamo conosciuto tanti nostri clienti che, colpiti da quello che hanno visto, ci hanno contattati. Allo stesso modo le nuove tecnologie possono fungere da archivio/amplificatore delle tradizioni locali, raccogliendo le testimonianze delle persone più anziane e mettendole a disposizione di tutti.

A tavola non deve mai mancare?

Le erbe spontanee: borragine, cicoria, tarassaco, finocchietto, bietola, broccolo 'spiert'. Hanno un sapore unico e crescono anche nei nostri terreni a riposo di Palomonte, dove operiamo la rotazione delle colture.

Ha una sua “ricetta della nonna”?

La “mnesta sperta” ossia una minestra di erbe spontanee. Era tipica del periodo invernale infatti si preparava quando si ammazzava il maiale. Si mescolavano diverse verdure, verza, borragine, broccolo 'spiert, cicoria, bietola, tarassaco insieme agli scarti della lavorazione del maiale come la cotenna. Il risultato era un piatto profumato e caldo, davvero rigenerante.

Mare o montagna?

Direi proprio collina, come quella dell'alta valle del Sele in cui opera la nostra azienda agricola. Il paesaggio è puntellato di ulivi e arbusti della macchia mediterranea, il clima è mite e ciò crea le condizioni ideali per praticare l'agricoltura sostenibile che piace a noi. Non senza difficoltà, si intende. Perché i terreni sono scoscesi e non si possono usare mezzi agricoli e tutto il lavoro, dalla messa a dimora alla raccolta, viene fatto a mano. Però è anche vero che il terreno argilloso non ha bisogno di molta acqua e trasmette tutti i nutrienti buoni alle coltivazioni.

Se dovesse scegliere un’immagine che rappresenti tutto il Cilento, quale sarebbe?

Sicuramente la catena degli Alburni. È come una presenza familiare nella nostra vita, i cui lineamenti ci mancano quando siamo lontani e che ci fanno subito sentire a casa quando torniamo da un viaggio.

La sua giornata tipo?

Inizia presto, intorno alle cinque, per coordinare il lavoro del laboratorio e la raccolta degli ortaggi. Prosegue con la preparazione e la spedizione degli ordini e con l'ideazione di ricette che valorizzino al meglio i nostri prodotti. Riceviamo spesso visite nell'azienda agricola, sono pizzaioli, chef, distributori o semplicemente buongustai che vogliono assaggiare i nostri prodotti. Le giornate sono piene di impegni ma ogni attività è fatta sempre con entusiasmo e con la voglia di dare il massimo.

In un mondo in cui il mercato alimentare è inquinato dal cibo-spazzatura, che valore assume la Dieta Mediterranea con i suoi benefici?

Dimostra il valore della scelta di ogni consumatore e la differenza che può fare. Dimostra che mangiare bene è anche un modo per prenderci cura della nostra salute. Esiste il cibo di qualità - fatto con materie prime selezionate e trasformato in modo artigianale- ed il nostro obiettivo è proprio arrivare a quelle persone che ne riconoscono i benefici ma anche informare chi li ignora. Alle fiere ci capita sempre di osservare lo stupore delle persone che assaggiano i nostri prodotti e ne gustano il sapore autentico.

Può raccontarci quali sono i miti e i riti che fanno del Cilento una terra unica e ancora non del tutto scoperta?

Fra i riti alimentari delle zone degli Alburni e dell'Alta Valle del Sele ci sono le cuccive (r’cucciv r’maggio), piatto tipico della cucina di Palomonte, preparato con cereali e legumi lessi e poi conditi, in occasione del primo maggio. 

“A Palomonte le cuccive si preparano il primo maggio in vista dell’esplodere della bella stagione e in relazione ad antichi rituali agrari di cui oggi si sono purtroppo perse le tracce. Il grano, il granone e i legumi messi in ammollo nei giorni precedenti in acqua abbondante sono gli ultimi conservati nelle dispense e nei granai. Essi hanno superato l’inverno e vengono raccolti anche tra parenti o vicini di casa per raggiungere una quantità tale da poter essere poi condivisa in segno di buon augurio. Passata la notte nell’acqua, il miscuglio di cereali e legumi si mette a bollire in una grossa pentola per diverse ore a fuoco lento. Scolati i semi e fatti raffreddare si condiscono a piacimento con sale, olio extravergine d’oliva, aceto, origano. Si dice che questo piatto protegga le piante dall’attacco dei moscerini e inoltre rinforzi il processo di maturazione delle spighe. Oggi, essendo venuti a mancare tanti elementi arcaici inerenti il rapporto fra l’uomo e il ciclo naturale, tale piatto è sempre più in disuso, preparato soprattutto dalle anziane che ne ricordano l’alto valore simbolico e nutrizionale" (Simone Valitutto, antropologo, testimonianza raccolta da Loredana Parisi su storiedipiantagrani.blog).

Una festa sacra o profana a cui è particolarmente legato?

La festa dell'Ascensione di Gesù Cristo che si tiene presso il Santuario Santa Maria della Sperlonga di Palomonte e si celebra quaranta giorni dopo la Pasqua. In questa occasione c'è ancora qualcuno che prepara le lagane (tagliatelle) con il latte, in ricordo di antiche tradizioni, quando nei giorni di festa la pasta fatta in casa non mancava mai. Invece il latte donato veniva usato per cuocere la pasta ed era, per pastori e contadini, propiziatorio di raccolti abbondanti.

Si parla spesso della longevità dei vecchi cilentani, secondo lei qual è il segreto per vivere a lungo?

Mia nonna diceva sempre di mangiare solo i piatti di cui si conoscevano tutti gli ingredienti. Oltre ad un'alimentazione basata sulle linee guida della Dieta Mediterranea, è lo stile di vita in generale che fa la differenza, la relazione con gli altri, la tranquillità nel vivere quotidiano e non ultimo vivere in armonia con l'ambiente.

Un sogno che ha ancora nel cassetto e un rimpianto che ogni tanto bussa alla sua porta?

Il mio sogno è vedere maggiormente valorizzati i nostri territori, con la speranza che i nostri figli continuino il percorso che abbiamo iniziato. Il rimpianto sono i tanti sacrifici che facciamo per riuscire a portare avanti la nostra attività, quando basta cambiare prospettiva per rendersi conto di quanto poco si potrebbe fare per realizzare le stesse cose senza stress.

Quand’è che si sente appagata e cos’è che la fa arrabbiare di più?

Niente mi appaga e mi gratifica di più come il riconoscimento che arriva da chi assaggia i nostri prodotti, è ossigeno per noi che ci impegniamo a fondo in tutto quello che facciamo. La burocrazia mi fa perdere le staffe e soprattutto tempo prezioso che potrei dedicare ad una nuova referenza per la dispensa di Casa Iuorio.

Quali sono i suoi “eroi” nell’ambito della sua professione?

Non ve ne è uno solo. Sono tutti quei giovani che non sono andati via e hanno deciso di investire nella loro terra, per non disperdere l'incredibile patrimonio di potenzialità custodite in ogni territorio.

Qual è il suo motto/la sua citazione che porta sempre con sé?

“Tradizione è custodire il fuoco, non adorare le ceneri” di Gustav Mahler. 

È proprio quello che facciamo. Siamo consapevoli che non avrebbe senso continuare a riproporre il modello agricolo dei nostri nonni. Ecco perché il contadino oggi si avvale della collaborazione dell'agronomo che lo aiuta a ridurre/eliminare l’uso di pesticidi e altre sostanze chimiche, mentre il tecnologo alimentare è entrato in cucina ad affiancare chi sta ai fornelli, permettendo alle ricette della tradizione di essere conservate al meglio, nel rispetto degli standard volti a garantire tracciabilità, sicurezza e qualità degli alimenti. È cambiato solo il modo ma come i nostri nonni vogliamo produrre anche noi prodotti sani e buoni.

IUPPITER/ a cura di Ilaria Cotarella

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