I miti e le leggende del Cilento fanno parte dell’identità di questo territorio da sempre. Iniziamo un viaggio magico che ti svelerà un mondo fatto di fascino, suggestioni e “invisibile”.
Il Cilento è terra di miti antichissimi legati alla mitologia classica, ma anche di credenze popolari e fantasmi. Non è un caso, infatti, che alcune località, specialmente sulla costa, portino il nome di creature dei racconti classici. Qui gli eroi dell’Eneide e dell’Odissea solcarono i mari per compiere opere la cui fama avrebbe attraversato i secoli e gli Argonauti alla ricerca del Vello d’Oro approdarono per una breve sosta nel loro lunghissimo viaggio. Qui la lotta tra i Titani e le divinità che volevano portare il mondo fuori dal caos generò montagne possenti che si stagliano verso il cielo. Qui creature ambigue e malefici aleggiano ancora fra le mura di conventi e manieri, spiriti sospesi fra questo mondo e l’altro bisbigliano la loro triste storia.
Se credi di conoscere il Cilento perché hai visto le sue bellezze e studiato le vicende del suo passato, leggendo questo articolo capirai quanto, in realtà, ci siano delle altre pagine della sua storia che non puoi perdere. E parlano proprio di ciò che non si vede. Ma si avverte, intriso nell’aria, nascosto nelle ombre, nei sussurri del vento, nelle parole degli anziani. Qualcosa che arriva a te in modo diverso, come un brivido, una sensazione, un racconto che viene da lontano.
Il nostro racconto inizia da uno degli eroi più celebri della mitologia greca: Ulisse. Le sirene erano un enorme pericolo per i marinai perché, con il loro canto, potevano incantarli tanto da farli impazzire, farli naufragare e trovare la morte.
Tre di queste creature mitologiche vivevano annidate sugli scogli della Baia di Salerno: Leucosia, Partenope e Ligea. Ulisse, consapevole del pericolo ma guidato dal suo insaziabile desiderio di conoscenza, fece tappare con della cera le orecchie dei suoi compagni e si fece legare all’albero maestro della nave in modo da non poter cedere alla tentazione di buttarsi in mare. Così le tre sirene, impazzite di rabbia, si gettarono da una rupe, cercando la morte. Il corpo di Leucosia fu ritrovato nei pressi dell’odierna Castellabate, dando il nome a Punta Licosa.
La triste storia di un altro personaggio mitologico dà il nome all’affascinante Capo Palinuro ed è narrata da Virgilio nel libro V dell’Eneide. Egli era il nocchiero della flotta di Enea che, mentre conduceva le navi verso l’Italia, cadde in mare, tradito dal dio Sonno. Il giovane riuscì a raggiungere a nuoto la riva ma fu ucciso dai Lucani, gli abitanti locali che lo scambiarono per un mostro marino. In seguito, una terribile maledizione colpì questo popolo così, per liberarsene, eressero un sepolcro vuoto in sua memoria, chiamato Cenotafio di Palinuro.
Il mito di Palinuro è legato a un’altra celebre località cilentana: Camerota. Kamaraton era una ninfa del mare bellissima e superba e il buon Palinuro perse la testa per lei tanto da chiedere la sua mano. Lei lo rifiutò con freddezza e, così grande era il dolore del giovane, che egli pregò il dio Sonno di porre fine al suo strazio. Il dio lo accontentò.
Ma la dea dell’amore Venere, indignata dalla crudeltà della ragazza, la trasformò nella roccia dove oggi sorge la cittadina di Camerota, che guarda verso Capo Palinuro: vicina per sempre al suo amore respinto ma separata da lui da una lunga spiaggia.
Il mito degli Argonauti e di Giasone è uno dei più affascinanti della mitologia. Giasone, erede al trono illegittimamente usurpato dallo zio, si avventurò in un lungo viaggio verso la Colchide alla ricerca del magico Vello d’Oro. Se fosse riuscito nell’impresa, lo zio aveva promesso di restituirgli il trono.
Essi ritornarono vincitori e, durante il viaggio verso casa, approdarono sulle coste cilentane, nell’attuale territorio di Capaccio Paestum. Qui fondarono il santuario di Hera Argiva, protettrice della navigazione, per ingraziarsi la benevolenza della dea.
I Monti Alburni sono formati da bianche rocce calcaree che regalano loro una forma irregolare. Se li guardiamo dalla Valle del Sele, sembra di scorgere la sagoma di un Titano addormentato. Queste enormi antiche creature erano le antichissime divinità del caos che combatterono un’aspra battaglia contro gli dei dell’Olimpo, chiamata Titanomachia.
Essi furono sconfitti e Poseidone pietrificò i loro corpi trasformandoli in montagne.
Dalle storie della mitologia antica passiamo a un altro tipo di racconti, a un altro tipo di protagonisti. Dagli eroi a personaggi cupi, fantasmi e spiriti maligni.
Una delle leggende più famose del Cilento è ambientata in uno dei suoi luoghi più celebri: il monastero di Sicignano degli Alburni.
È la storia di un vagabondo, affamato, provato dagli stenti, ma umile e gentile che arrivò al monastero, chiedendo ospitalità ai monaci. Essi lo accolsero, egli diventò uno di loro, ma un giorno l’amore per una ragazza sconvolse improvvisamente la sua vita di clausura. I due diventarono amanti, si incontravano di nascosto, finché un giorno vennero scoperti e la punizione fu tremenda: la giovane fu accusata di stregoneria, torturata e arsa viva sul rogo. Il ragazzo rinchiuso nei sotterranei per un anno intero.
Quando ne uscì non era più lo stesso di prima. Il suo aspetto era macilento, inquietante, demoniaco. Al saio da monaco ne aveva sostituito un altro, nero e con un cappuccio nero calato sul capo. Da lì in poi uno ad uno i monaci che avevano partecipato al supplizio della ragazza morirono in modi atroci. A detta di tutti era diventato il diavolo, così le autorità cittadine lo fecero impiccare.
Il monastero venne abbandonato ma c’è chi afferma di udire ancora oggi dei rumori provenire dalla cappella e che, al calar del sole, il suo spettro si aggiri nel cortile del monastero, forse in attesa del suo amore perduto, forse in cerca di vendetta.
Le prossime tre storie che ti racconteremo sono ambientate in riva al mare e riguardano tre figure femminili: una bambina, una principessa e una giovane sposa.
La prima leggenda è ambientata a Trentova. 31 agosto del 2007: una bambina emerge delle acque della Baia e sparisce poco dopo, lasciando l’impronta indelebile del suo piede nella pavimentazione in cemento dello stabilimento balneare del lido. Da lì in poi più nulla fino all’estate del 2014 quando una figura che si muoveva fu avvistata sia da un motociclista che da un gruppo di turisti che partecipava ad un falò durante la notte di ferragosto.
Spostandoci verso sud, arriviamo al promontorio della Molpa a Palinuro. Siamo nei primi anni del 1500 e protagonista di questa triste storia è Isabella Villamarino, l’ultima principessa di Salerno. Quando il suo sposo Ferrante Sanseverino morì in tragiche circostanze, la donna decise di togliersi la vita gettandosi dalla scogliera. Si dice che qui si possa ancora sentire, a volte, il suo pianto e scorgere una bianca figura senza pace in cerca del suo amore perduto.
Ancora un po’ più a sud, a Marina di Camerota, si trova la famosa spiaggia di Lentiscelle, un soffice spicchio di sabbia dove, soprattutto nelle notti di luna piena, si dice si aggiri la figura irrequieta di una giovane sposa in lacrime con un velo bianco. Sembra essere lo spettro di Mariagemella, fanciulla uccisa dal marito per gelosia, secoli e secoli or sono.
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