Per i cilentani è il Monte Sacro. Per i Saraceni era il Monte dell’Idolo. Per tutti è il Monte Gelbison che si erge alto, maestoso e solitario a nord della Valle di Novi. Pronto a scoprirlo? 

Fantastica un po’ con noi. Pensa di trovarti a oltre 1700 metri su uno dei quattro monti più alti del Cilento dove quasi puoi toccare delle soffici nubi che, con la loro presenza giocherellona, si manifestano e scompaiono dietro al Gelbison. Di immensa ricezione mistica e religiosa è il Santuario della Madonna del Sacro Monte, alla vetta del massiccio, fondato da monaci basiliani intorno al decimo secolo. Il santuario era luogo di culto al tempo dei Saraceni che lo avevano denominato “Geb-el-son” ovvero “Monte dell’Idolo”, a sottolineare l’atmosfera ascetica che aleggia intorno al faro spirituale che da anni accoglie centinaia di curiosi e credenti.
Ma è anche un sito con un panorama imperdibile. Infatti il Monte è il punto più spettacolare da cui ammirare tutto il Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano con la sua grande varietà di microclimi, dalla macchia delle sue coste agli abeti delle sue cime. Iniziamo dunque il nostro viaggio.

Monte Gelbison: dove si trova

È doveroso sottolineare che la localizzazione del Gelbison è indissolubilmente legata a quella del Santuario, posta alla vetta del massiccio, tanto ambita non solo dagli integerrimi pellegrini. Per affrontare l’escursione, che ti avvertiamo essere tanto impegnativa quanto profondamente appagante, bisogna arrivare nel piccolo comune cilentano di Novi Velia passando per Vallo della Lucania. Qui ha sede l’Ente Parco, a sua volta raggiungibile dall’autostrada, meglio nota come Salerno-Reggio Calabria. 

Una volta giunti in auto a Novi, ai piedi della montagna, noi di Yes Cilento ti consigliamo di prenderti una breve sosta per visitare il centro antico. Formatosi in epoca bizantina, si sviluppa in tre aree architettoniche: la Torre Longobarda, simbolo dei primi abitanti del borgo, Castello dei Baroni di Marzano e il Convento dei Celestini.

Monte Gelbison: iniziamo la salita

Per proseguire il tuo cammino verso il Monte è possibile lasciare la tua auto in un’area picnic dove subito puoi udire il fruscìo del fiume Torna che serpeggia fra i massi d’arenaria, dando vita a pozze d’acqua e flebili cascate. All’ingresso una pietra ti ricorda, ove mai ce ne fosse bisogno, che il posto che stai attraversando è sacro. 

Da qui inizia ufficialmente la via crucis verso la sommità che è un paradiso dantesco per gli occhi di chi sceglie di affrontare il cammino santo. E, nel mezzo del cammin di tua vita, ti puoi ritrovare in una selva oscura ancora costeggiata dal rumoreggiare del fiume e caratterizzata da un fitto sottobosco. Sarai allora piuttosto lontano dalle abitazioni circostanti. In questo momento circa due ore ti separano dalla destinazione. Superato anche il Torna con i suoi giochi d’acqua, il percorso sale sul fianco sinistro del vallone Caricaturo. Attraverserai un bel castagneto, fino a raggiungere una piana. 

Qui inizia quella che un tempo era l’unica via di collegamento al Santuario: un sentiero lastricato in pietra locale. Successivamente ancora discese ardite e risalite per ricongiungerti ad uno spiazzo naturale, in cui vi è la sorgente di Fiumefreddo, ottimo per una pausa persi nel verde circostante. Avvistare lupi, martore e picchi neri in questa zona è pane quotidiano. 

L’ultimo tratto del sentiero ha una ripidità notevole e passa attraverso la faggeta che circonda la sommità del monte. In questa zona, caratterizzata da fenomeni carsici, è facile notare anche esemplari di pino e abete. Ancora un ultimo sforzo e sei arrivato alla “croce di Rofrano”, il punto dove si incontrano i due sentieri che risalgono la montagna. Nello spiazzo si notano i cosiddetti “monti di pietà”, ovvero due ammassi di pietre sormontati da una croce, testimonianza secolare della venerazione dei devoti. E davvero sorprendente è il luogo in cui sorgono il Santuario mariano e il monastero: proprio nel punto più alto del Gelbison, di fronte a una vista mozzafiato. 

Ciò che attirerà tantissimo la tua attenzione sarà la croce metallica luminosa che segna e delimita la zona sacra e domina altezzosa tutto il basso Cilento. Ai piedi del massiccio si distende e si adagia Vallo in tutta la sua lunghezza. Giù nelle valli, i fiumi Lambro, Mingardo, Alento sembrano argentei serpentelli. Di fronte il Monte Stella che, con la sua sagoma piramidale, sovrasta il mare di Velia e, più in là, si apre il golfo di Policastro, preceduto da Capo Palinuro.

Il Santuario del Monte Gelbison e le leggende

Al Santuario del Monte Gelbison è legata una curiosa leggenda: si dice infatti che ogniqualvolta iniziassero i lavori al tempio e questi si fermassero per qualche giorno, alla ripresa, tutte le opere realizzate venivano trovate distrutte e bisognava farle daccapo. Questa specie di maleficio terminò una notte che, saliti gli operai sul monte per cercare un agnello smarrito per cibarsene, apparve loro la Vergine che desiderava che la cappella fosse dedicata agli Angeli. Da quel momento, ogni anno dall’ultima domenica di maggio alla seconda domenica di ottobre (mesi dedicati al culto Mariano), i pellegrini portano in processione al santuario un Gesù Bambino di cera per onorare la Vergine. Fedeli che giungono in tanti dal Mezzogiorno d’Italia, in particolare dalla Campania, dalla Basilicata e dalla Calabria. 

La Chiesa madre è proprio sul piazzale ultimo del monte. L’edificio è impregnato di mistica e di miti. Col suo interno barocco e una più semplice facciata in pietra, l’architettura gioca con gli stili ora più accentuati ora più modesti. Costituito da tre navate, il santuario conserva la statua della Madonna che è tipica dell’epoca bizantina. Lo testimonia la maniera con cui è stata immortalata la scultura: lignea, con il viso bruno allungato, il collo alto e il naso alla greca con il Bambino Gesù insolitamente posto sul braccio sinistro. Fanno scena anche le colonne che dividono le navate, tutte in pietra. La volta a botte reca delle deliziose decorazioni e memorabili affreschi. Oltre alla chiesa, ingrandita agli inizi del secolo scorso, troviamo la cappella di San Bartolomeo con la cripta di San Nilo, abbellita da una graziosa vetrata raffigurante la Madonna che appare ai due Santi, e la torre campanaria

Nel piazzale è assolutamente da visitare la Ciampa di cavallo, uno spuntone di roccia, a cui è legata un’altra leggenda, molto in voga in epoca longobarda: due cavalieri giunsero davanti al Santuario ma solo uno dei due vi entrò; l’altro rimase fuori a deridere il devoto suo compare. All’improvviso il destriero del miscredente uomo a cavallo s’imbizzarrì e si lanciò nel vuoto sottostante. Qui il miracolo: la Madonna apparve dopo le implorazioni del cavaliere e fece fermare il cavallo su uno spuntone di roccia denominato appunto “ciampa”. Oggi vi è l’usanza di lanciare delle monetine nel tentativo di centrare questa sporgenza di roccia calcarea. È credenza che, se una donna nubile riesce nel tentativo, essa ritornerà al santuario da donna sposata, se invece a centrare la roccia è un uomo anziano, egli vi farà ritorno l’anno successivo.

Ultimi articoli

Scegli le anime del cilento che fanno per te

Tutti gli articoli

Login