Padula e la Certosa, un legame intenso. Il paese è una perla della natura, all’interno del Vallo di Diano, patrimonio dell’Unesco. È qui che il Cilento sembra voler urlare al mondo la sua unicità.

Nella conca, circondata dalle montagne calcaree dell’Appennino, convivono bellezze paesaggistiche e incredibili testimonianze archeologiche, in un equilibrio mozzafiato. Padula è un borgo delizioso, ricco di storia e di arte. Uno scrigno che protegge la sua celebre Certosa e il verde intorno. Un luogo da visitare, particolarmente indicato per gli appassionati di storia, ideale per chi ama fare escursioni e trekking. Tante le idee e le tappe da poter scoprire tutto d’un fiato nella suadente area nei dintorni di Padula: edifici, palazzi, certose, spazi verdi, chiese, santuari. Nulla deve essere lasciato al caso una volta che ci si imbatte in una delle località più ricche di storia dell’interno Cilento e oltre.

Padula, i primi insediamenti risalgono al XII secolo a.C.

Probabilmente sono stati gli Enotri, popolo campano, a creare i primi insediamenti umani, nel XII secolo a.C. Il nome Padula, di origine latina, lascia immaginare che ci fosse una palude da qualche parte nel vicino territorio pianeggiante. Dopo gli Enotri sono giunti i Lucani e poi i Romani. Piuttosto complicata deve essere stata la vita degli abitanti durante il Medioevo. Così come rivelano le testimonianze di incursioni saracene e normanne. Con la feudalizzazione il comando fu preso dalla nobile famiglia dei Sanseverino che, alla fine del 1200, assunse il comando della città. Nel 1296, Tommaso Sanseverino, su incarico di Carlo II d’Angiò, si occupò della difesa della città e la fortificò con un imponente cinta muraria.

Con la nascita del banditismo e la diffusione di epidemie si assiste all’abbandono dei centri rurali più a valle, con conseguente sviluppo dell’area intorno al castello dove sorge la chiesa di San Clemente. Con il contributo della corte angioina dei Sanseverino, si insediarono nuovi ordini monastici e venne edificata la Certosa di San Lorenzo. Tra il XVI e il XVIII, continue inondazioni colpirono l’intera valle, sfavorendone lo sviluppo economico e sociale del paese. Nel 1839, lo straripamento del torrente Fabbricato distrusse due terzi del territorio di Padula. Persino la Certosa finì sommersa dalle acque.

Tra il 1820 e nel 1857, Padula si trovò al centro di numerose insurrezioni guidate dal patriota e rivoluzionario Carlo Pisacane, celebre per aver guidato il fallimentare tentativo di rivolta nel Regno delle Due Sicilie. In ogni caso, è stato rilevante il contributo dato dai padulesi al processo di unità nazionale, a partire dal quale si mettono in moto i flussi migratori prima verso il Nord del paese e poi in direzione delle Americhe. Nel Novecento, il monumento certosino, abbandonato da tempo, viene trasformato in campo di concentramento per disertori e prigionieri. Successivamente, dal 1923 al 1959, la Certosa diventa sede di un orfanotrofio per i figli dei caduti in guerra. Soltanto tra gli anni Cinquanta e Sessanta, Padula finisce al centro di un notevole sviluppo urbanistico. In questi anni sono state erette strutture e infrastrutture importanti, dal sistema fognario alle scuole, fino alla strada provinciale che collega la zona il centro storico alla valle.

L’incanto della Certosa di Padula, la più grande d’Italia

Tutti chiamiamo la Certosa di San Lorenzo, la Certosa di Padula. Ma, va bene così. Perché, come già scritto, paese e insediamento monastico sono legati strettamente fra loro. La Certosa è uno dei siti monumentali barocchi più belli d’Italia e appartiene al Polo Museale della Campania. È meta di un turismo culturale e religioso dai numeri importanti. Tra le sue caratteristiche di unicità, spicca il fatto che si tratta della più grande certosa d’Italia e tra le più rilevanti d’Europa. Pensate, che si estende su di un’area di oltre cinquantamila metri quadrati, conta tre chiostri, un giardino, un cortile, una chiesa e 350 stanze. Dal 1957, la Certosa accoglie il Museo archeologico della Lucania occidentale, al cui interno ci sono i ritrovamenti che provengono dagli scavi delle necropoli di Sala Consilina e di Padula.

I cinquecento anni necessari per ultimare la costruzione

L’inizio della costruzione delle Certosa è datata 1306. A volerla Tommaso II Sanseverino, ricco e potente conte di Marsico, nonché barone del Vallo di Diano. Egli volle dedicarla a San Lorenzo, morto martire durante la persecuzione dei cristiani da parte dell'imperatore romano Valeriano nel 258. Tommaso II Sanseverino era un nobile considerato molto vicino alla casata angioina, alla quale si deve l’invito all’ordine religioso dei certosini di prendere possesso del complesso monastico. Per questo motivo è considerato il primo monastero certosino a essere eretto in Campania

La costruzione della Certosa va avanti fino al 1800, tra ingrandimenti e restauri. Non è un caso che a prevalere sia lo stile barocco, perché molti degli interventi più significativi sono fatti cadere durante gli anni d’oro del movimento estetico, ideologico e culturale sorto in Italia tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo.

Come organizzare la tua visita alla Certosa

Preparatevi a camminare tanto, ma ne vale veramente la pena. L’itinerario di visita nel complesso religioso non può che iniziare dalla Corte esterna. Di forma rettangolare, fu edificata nel Cinquecento e arricchita poi nel tempo di statue e di altri elementi in stile barocco. Da qui, consigliamo di proseguire la visita puntando al chiostro della Foresteria. Probabilmente uno dei più grandi d’Europa, esso si compone di un portico, con una fontana al centro del 1600, e di un loggiato dal quale si può vedere la Torre dell’orologio. La torre degli Armigeri, che insiste al vertice alto del cortile lungo la cinta muraria esterna della certosa, è stata aggiunta nel XVIII secolo.

Lungo la facciata principale, quella che dà accesso al monastero, si incontrano all’interno di nicchie quattro sculture. Sono state eseguite da Domenico Antonio Vaccaro e raffigurano San Bruno, San Paolo, San Pietro e San Lorenzo. Sono ben 84 gli archi che ornano il chiostro che si estende su due livelli, uniti tra loro da una scalinata ellittica a doppia rampa realizzata in pietra di Padula, talmente bella da togliere il fiato. Nell’atrio, lungo la parete destra, si trova una fontana del Seicento di autore ignoto. In prossimità della scala di accesso, ai due lati della facciata, si incontrano gli accessi ai giardini che girano tutto intorno al complesso.

Ma non finisce qui. È il caso di dirlo, perché tocca adesso visitare gli interni e, cioè, le Sale delle campane, del Capitolo, del Tesoro e la grandiosa Biblioteca. La Biblioteca, che conservava fino ai furti avvenuti immediatamente dopo il restauro del Regno Borbonico del 1811, circa 20 mila volumi. La maestosità delle sale ne custodiscono oggi poco più di duemila. Fortunatamente, salta agli occhi e distrae da questa triste notizia, il pavimento in ceramica proveniente dalla tradizione artigianale di Vietri. Attenzione, perché Biblioteca e Cantine del vino, sono visitabili solo con autorizzazione. I busti presenti al secondo piano ritraggono i quattro evangelisti, la Madonna e Sant'Anna, mentre ancora più in alto, c’è la scultura della Madonna, con ai lati due putti, e poi i busti della Religione e Perseveranza.

C’è stato un periodo durante il quale all’interno della Certosa si trovava per intero il sostentamento dei monaci, dalle coltivazioni di frutta e ortaggi alla produzione di vino e di olio. Nel cortile affacciavano i siti di produzione del complesso: le speziere, le scuderie, le stalle, le lavanderie, i granai, la farmacia e le officine.

Quando nel 1807 la Certosa di Padula venne soppressa, i monaci dovettero abbandonarla. In quell’occasione molte opere d’arte, dipinti, statue e oggetti preziosi furono portati via. Così come numerosi libri della biblioteca. Un patrimonio che, purtroppo, è andato in parte perduto per sempre. In alcune delle celle monacali è conservata la collezione di arte contemporanea, raccolta tra il 2002 e il 2004, grazie alle tre edizioni della rassegna internazionale "Le Opere e i Giorni". La manifestazione ideata e curata dal critico d'arte e fondatore della Transavanguardia, Achille Bonito Oliva.

Chiostro della Foresteria

L’ingresso al Chiostro della Foresteria è anticipato da una sala interamente affrescata da Francesco De Martino, pittore attivo dopo il primo decennio del Settecento. Il Chiostro accoglie rifacimenti cinquecenteschi. Sono databili, infatti, al 1561 la fontana marmorea centrale, il portico e la loggia. Il piano superiore è interamente affrescato con scene di paesaggi e, tra i cicli di affreschi, vi è una porta che conduce alla cappella di Sant'Anna, caratterizzata da decorazioni in stucco settecentesco di gusto barocco siciliano. Al piano inferiore, lungo il porticato, sono ospitate sculture in gesso ottocentesche che raffigurano una Madonna in gloria, San Giuseppe, San Bruno, San Lorenzo e San Michele Arcangelo. Dei primi del Cinquecento è una scultura in pietra della Madonna col Bambino.

La Chiesa Trecentesca della Certosa

Già dalla monumentale porta si vive la suggestiva emozione di trovarsi di fronte a qualcosa di raro. Infatti, è essa una delle poche testimonianze trecentesche della Certosa. La si fa risalire al 1374, con attribuzione a Antonio Baboccio da Piperno. Di particolare pregio sono i bassorilievi lignei sulla Vita di San Lorenzo e sull'Annunciazione. È fatta risalire al Cinquecento la cornice in pietra che la decora.

La navata unica che si trova all’interno è impreziosita da archi ogivali. Le volte a crociera sono affrescate con opere di Michele Ragolia, risalenti al 1686, che riprendono Storie del Vecchio Testamento. Le atmosfere delle decorazioni riportano al barocco napoletano, dagli stucchi dorati ai pavimenti maiolicati, fino agli altari marmorei.

Purtroppo i Francesi portarono via i preziosi dipinti che ornavano la Chiesa. Di alcune opere, tra i cui autori figurano Luca Giordano, Giacomo Farelli, Francesco Solimena e Paolo De Matteis, si sono perse le tracce. Non sfugge al colpo d’occhio, all’ingresso il Coro dei Conversi, i monaci non di clausura, abbellito con intarsi lignei di Giovanni Gallo del 1507. Essi ritraggono su schienale, sedile e inginocchiatoio santi, paesaggi e architetture. Le quattro cappelle che si aprono sulla destra risalgono al Settecento. Esse sono anticipate dalla Sala del Capitolo dei Conversi, dove è esposto il cinquecentesco trono del Priore. All’altare maggiore, si ritiene, abbiano lavorato Bartolomeo Ghetti, Antonio Fontana e Giovan Domenico Vinaccia. Fortunatamente le pareti dell'abside non sono rimaste spoglie dopo il saccheggio delle opere, ma vi hanno trovato dimora alcuni dipinti della metà Ottocento di Salvatore Brancaccio su San Bruno, Martirio di San Lorenzo, Madonna col Bambino.

La visita alle Sala delle Campane, del Capitolo e del Tesoro

Colpisce immediatamente il visitatore la vista di tre fori nella volta nella Sala delle Campane, all’interno dei quali passavano le funi delle campane. Da questa si accede alla Sala del Capitolo, alla Sala del Tesoro ed al Chiostro del Cimitero antico. La Sala del Capitolo, riservata alle confessioni, è ricca di decorazioni del Settecento, compresa la Madonna con i santi Lorenzo e Bruno, posta dietro l’altare. La volta, invece, risale al Seicento con il ciclo di affreschi dei Miracoli di Cristo. La Sala del Tesoro, infine, schiettamente barocca, contiene un affresco posto sulla volta che raffigura la Caduta degli angeli ribelli. Del tesoro della Certosa oggi, purtroppo, non vi è più nulla.

Un momento di raccoglimento nel Chiostro del Cimitero antico

Il Chiostro risale alla prima metà del Settecento ed è attribuito a Domenico Vaccaro, che trasformò il vecchio cimitero dei Conversi del 1552 in Chiostro. Targhe, lapidi, sculture, rilievi, iscrizioni ed edicole funerarie arricchiscono le pareti del porticato. Molto bella è la Cappella del Fondatore, dove è custodito il sepolcro di Tommaso Sanseverino, raffigurato nel monumento come un guerriero dormiente, al di sopra del sarcofago che riporta scolpito lo stemma della famiglia.

Nel Refettorio le “Nozze di Cana” di Francesco D'Elia

Nel Refettorio, al quale si accede attraverso il Chiostro, edificato tra il 1438 e 1742, si trova un affresco che ritrae le Nozze di Cana, eseguito da Francesco D'Elia a metà del 1700. Non sfugge all’attenzione del visitatore il pavimento in marmi policromi. Gli spazi bianchi alle pareti comprovano l'assenza di alcuni dipinti trafugati durante la soppressione del periodo francese. Dal chiostro del Cimitero, infine, si giunge alla cucina del monastero dalla quale poi si sviluppano altri ambienti. Uno degli “elementi” fondamentali della Certosa, imperdibile in una visita al luogo, è la Cucina. Sia perché contiene un elemento alquanto moderno per l’epoca in cui fu realizzato e, cioè, la grande cappa posta al centro sulla grande fornace centrale. Qui si trova il grande affresco della Deposizione di Cristo, datato 1650 e firmato con il nome che è appartenuto probabilmente ad un monaco, Anellus Maurus.

Quarto del priore, un appartamento di dieci stanze

Nelle dieci sale che compongono l’appartamento del priore si trovano la Cappella di San Michele Arcangelo, decorata da stucchi e affreschi barocchi del Settecento; il Museo archeologico provinciale della Lucania occidentale; e un chiostro del XVIII secolo. Caratterizzato da una loggia con soffitto cassettato e con affreschi alle pareti attribuiti a Domenico Gargiulo.

Chiudiamo con il Parco e i Giardini

C’è tanto verde intorno al complesso, protetto dalle mura esterne. Dietro lo scalone monumentale c’è il giardino all'italiana settecentesco. Probabilmente, in origine caratterizzato da più viali e da frutteti e vigneti. Nei Giardini si incontrano alcune edicole sacre, diverse fontane ed una Cappella dedicata a Maddalena.

Oltre la Certosa, cosa vedere a Padula e dintorni

Tante opere e tanta architettura religiosa è in grado di soddisfare i gusti del viaggiatore più esigente. Tra queste segnaliamo il Convento di San Francesco, il Convento di Sant’Agostino e le rovine della Badia di San Nicola al Torone. Ricordiamo che il Convento di San Francesco, edificato nel 1380, si deve a Giovanni Tommaso Sanseverino, discendente del fondatore della Certosa di San Lorenzo. Passeggiando per il centro storico di Padula si incontrano la Chiesa della Madonna del Carmine e il Sacrario dei Trecento di Carlo Pisacane. Suggestivi e degni di una sosta e di uno scatto fotografico sono i numerosi scorci, i portali in pietra e le viuzze del borgo. Se vi piace camminare e ammirare le bellezze naturalistiche del Vallo di Diano, potete percorrere a piedi il sentiero verso il Santuario di San Michele alle Grottelle.

Eremo di San Michele alle Grottelle e la casa-museo di Joe Petrosino

Lungo il fianco della collina di San Sepolcro, si trova l’Eremo di San Michele alle Grottelle. Dal 1538 di proprietà della Certosa, così come tutti i territori che furono dell’abate di San Nicola al Torone. Tra il comune di Sala Consilina e quello di Padula, in contrada Fonti, si trova il Battistero di San Giovanni. Famoso per la sorgente collocata al centro della chiesa, le cui acque consentivano il battesimo dei fedeli. A Padula si trova anche la casa-museo di Joe Petrosino, poliziotto italiano nato qui e naturalizzato statunitense. Un pioniere nella lotta contro il crimine organizzato e ideatore di tecniche di lotta al crimine che ancora oggi sono praticate dalle forze dell’ordine in tutto il mondo.

Sassano, il paese delle orchidee

Suggeriamo, infine, una visita a Sassano. Il nome potrebbe aver avuto origine dall’espressione Sasso Sano, luogo salubre nel quale abitare. Qui la coltivazione delle orchidee è un fatto di culto. Diffuse in tutta l’area del Mediterraneo, esse hanno trovato l’habitat naturale in questo territorio. Difatti, si trovano in questi luoghi ben 54 delle 120 specie esistenti in Italia. Nel mese di maggio, organizzata dal Comune, si tiene una manifestazione denominata “La Valle delle Orchidee”. Un evento con spettacoli vari e visita al Museo vivente della Valle delle Orchidee e delle Antiche Coltivazioni.

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