Roscigno Vecchia è un borgo fantasma Patrimonio UNESCO chiamato “La Pompei del Novecento”, “Il paese che cammina”. Scoprirai un luogo magico e silenzioso, fotografia di un tempo passato. Sei pronto?

Immagina di muovere i tuoi passi in un mondo abitato dal silenzio. I piedi scivolano sulle pietre ruvide delle stradine che si insinuano fra i muri decadenti delle case vuote. Tutte, tranne una. Guardandoti intorno, hai la sensazione che il passato abbia stampato sullo sfondo del cielo la fotografia di un tempo che fu e, nel lieve respiro del vento, sembra di udire le voci della gente e le corse dei bambini.
Il “tempo fermo” è la dimensione in cui Roscigno Vecchia è sospesa, in cui questo paese fantasma dichiarato Patrimonio UNESCO giace, alle pendici degli Alburni. Mentre il tempo appare immobile, ciò che scivola sotto le abitazioni del borgo è la terra. Per questo è chiamato “il paese che cammina”.
E qui inizia la sua storia.

Roscigno Vecchia: da paese agricolo e di pastori a borgo fantasma

Roscigno” deriva dalla parola dialettale “Russignuolo”, ovvero usignolo. Il suo canto, infatti, è la melodia che accompagna chi si avventura in una passeggiata nel silenzio del borgo. La storia di Roscigno comincia molto tempo fa, intorno all’anno 1000, quando il villaggio nacque come dimora di pastori e agricoltori. Fu costruito sulle pendici del Monte Pruno, all’interno di una verdeggiante valle solcata da due fiumi: Ripiti e Sammaro.

Sotto le case, però, già dal ‘500 la terra cominciò a franare. E poi di nuovo, finché, nel ‘900, il Genio Civile ordinò ai cittadini di lasciare il paese. C’è chi si rifiutò e resistette, chi invece raccolse le sue cose e si trasferì nella nuova Roscigno, costruita più a monte. Un po’ alla volta, tutti gli abitanti abbandonarono il borgo. Tutti, tranne uno. Dorina, donna nata a Roscigno che aveva preso i voti, decise di togliersi l’abito da monaca e di tornare lì, a casa sua. Nel 2000 anche questa vecchietta coraggiosa morì, lasciando il borgo immobile in una scena del passato.

Fino a poco tempo fa, un altro abitante ha vissuto qui come autoproclamato custode del paese: dopo una vita in giro per l’Europa, circa vent’anni fa decise di stabilirsi a Roscigno Vecchia e di non abbandonarla mai. Il suo nome era Giuseppe Spagnuolo ed era facile incontrarlo seduto all’ombra di un tiglio a fumare la pipa. Un vecchietto arzillo e sorridente con il cappello sempre in testa, la barba bianca e i capelli lunghi, e quella voglia di raccontare la storia di questo piccolo mondo perduto del quale solo lui conosceva ogni cosa… Giuseppe Spagnuolo ci ha lasciati all’età di 76 anni il 19 gennaio 2024 e con lui se ne va un pezzo importante dell’anima del paese e colui che da molto tempo faceva da “guida” ai visitatori.  

Roscigno Vecchia: esplorando il paese-museo Patrimonio dell’Umanità

Roscigno Vecchia appare come una fotografia in tonalità seppia interrotta dal verde della natura cilentana, dove si riconosce praticamente intatto l’aspetto di centro agricolo-pastorale del ‘700-‘800.
Fra le case, alcune transennate per il pericolo di crolli, fra i granai, le stalle e le botteghe con le insegne di un tempo e le porte ancora aperte, si incontrano memorie di varie epoche storiche. Ed ecco la scritta “Bar Roma” che resiste lì dove i contadini si trovavano, dopo una lunga giornata di lavoro, a scambiare due parole.

E poi ancora la grande Piazza Nicotera, senza selciato, con la fontana in pietra grezza e gli scheletri di alberi secolari. Nei pressi di questo spazio che sembra adagiato a guardare il cielo, la settecentesca chiesa parrocchiale di San Nicola di Bari lascia intravedere, attraverso una fessura, quel che è rimasto delle decorazioni e degli stucchi. Sempre ai bordi della piazza, nell’ex municipio, ecco il Museo della Civiltà Contadina. Quest’ultimo è una sorta di “museo nel museo” e raccoglie oggetti appartenenti alla vita rurale del borgo: circa 500 pezzi che parlano di un mondo che fu, fra attrezzi da lavoro, oggetti quotidiani, ninnoli e foto.

In una delle vie che si diramano dalla piazza, all’improvviso, un dettaglio singolare attira l’attenzione: una lapide incastonata nelle mura di una casa pericolante. Risale al 1587 e appare come un rotolo di pietra, tenuto aperto da due mani, dove è incisa un’iscrizione in latino che nomina una cappella dedicata a San Giovanni Decollato di cui non rimane nulla. E, in fondo alla strada, un piccolo cimitero.

Al termine della nostra visita, abbiamo la consapevolezza che Roscigno è una storia preziosa che merita di essere protetta e raccontata a chi sa apprezzare il valore del ricordo. Un piccolo mondo forte e orgoglioso che ha resistito fino ad oggi, ma che ha bisogno di cura per continuare a sopravvivere. Uscendo dal borgo, il desiderio di scoprire qualche altra meraviglia custodita nel cuore grande del Cilento si fa sentire forte e chiaro. Non resteremo delusi…

Gole del Sammaro e non solo: le meraviglie nei dintorni di Roscigno

In 5 minuti di auto, 40 a piedi o 15 in bicicletta, si raggiunge un’altra straordinaria attrazione del territorio. Uno dei ponti ad arcata unica più alti d’Europa vola a 150 metri di altezza su uno strapiombo che lascia senza fiato. Siamo sul Ponte di Sacco e, al di sotto, le acque impetuose del fiume Sammaro attraversano una natura selvaggia e libera. Quest’opera ingegneristica fu costruita negli anni ’60 del secolo scorso, un’impresa titanica per cui servirono 400 milioni di Lire e 30 anni di lavori.

Proprio nei pressi della struttura si trova uno degli spettacoli nascosti più belli del Cilento: le sorgenti del Sammaro e le gole da cui nasce. Le Sorgenti e le Gole del Sammaro fanno parte del territorio di Sacco, alle falde del Monte Purulo, in un contesto paesaggistico di forte impatto: una grande spaccatura nella roccia calcarea lunga ben 1.600 metri. Qui, nelle grotte all’interno della montagna, già dalla preistoria le genti del luogo lasciarono segni del loro passaggio visibili ancora oggi, come nella Grotta di Jacopo. È arrivato il momento di sostare e rinfrescarsi. All’ingresso della Gola si vedono i resti di un antico mulino con un laghetto. Attenzione, però, perché l’acqua è freddissima!

Non distante da lì, su una rupe a strapiombo sulla Valle del Sammaro, un’altra memoria del tempo giace silente: i ruderi di Sacco Vecchia. Ad appena 4 chilometri da Roscigno Vecchia ecco un altro paese fantasma, antico centro abitato di epoca longobarda di cui si scorge ciò che resta del castello, della cinta muraria e di una chiesa. Ma questa è un’altra storia…

Come arrivare a Roscigno Vecchia

Il borgo fantasma giace sulle pendici occidentali del Monte Pruno, soprannominato “Il balcone degli Alburni” grazie alla sua altezza di 879 metri.
Per chi arriva dall’autostrada Salerno-Reggio Calabria, si consiglia di uscire ad Atena Lucana e poi proseguire per la SS166 fino al bivio di Corleto Monforte. Da qui prendere la strada provinciale e seguire le indicazioni per Roscigno Nuova.
Raggiungere Roscigno Nuova per poi dirigersi verso Roscigno Vecchia è il modo migliore per evitare che i navigatori ci facciano avventurare in stradine dissestate e mulattiere prive di indicazioni. Dal paese nuovo, infatti, si imbocca il sentiero 518 del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, ovvero l’antico sentiero Casalicchio. Per il ritorno basterà utilizzare la stessa strada.

“Oggi essere rivoluzionari significa togliere più che aggiungere, rallentare più che accelerare, significa dare valore al silenzio, alla luce, alla fragilità, alla dolcezza.”

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