Scopriamo i principali siti archeologici del Cilento, la sua storia e la sua cultura. Ti aspetta un viaggio in un passato che si può sfiorare con le dita, fra miti antichi e brividi lungo la schiena.

Ogni storia che si rispetti inizia con: “C’era una volta”.
C’era una volta un mondo antico, dove i più grandi scrittori mai esistiti ambientarono vicende di miti e dei. C’era una volta una terra dove, nel corso di secoli e dei millenni, abitarono molti popoli, i quali lasciarono ognuno la sua impronta nell’identità che oggi questo luogo porta con sé. 

Il Cilento è questo, un piccolo universo dove mitologia e storia convivono in un abbraccio eterno e danno vita a un territorio diverso da ogni altro. Qui, ad arricchire un paesaggio affascinante e selvaggio, si trovano disseminati molti luoghi di altissimo interesse storico e culturale. In questo articolo vogliamo portarti alla scoperta degli antichi insediamenti che hanno sfidato il tempo per permetterci di toccare con mano il passato; ti faremo conoscere i più grandi protagonisti della storia del Cilento e ti racconteremo le più belle leggende che ancora oggi aleggiano nell’aria. E poi ti parleremo di suggestivi paesi fantasma, luoghi incredibili dove un brivido lungo la schiena è assicurato. Se tutto questo ti stuzzica, è il viaggio perfetto per te.

Storia e cultura del Cilento: un veloce viaggio dalle origini a oggi

Calcavano con i loro piedi una terra ancora del tutto selvaggia quando i templi degli dei, che si ergono maestosi dalla terra, e le torri dei castelli, che scrutano l’orizzonte, erano ancora qualcosa di inimmaginabile. Nella preistoria, il Cilento era abitato dai popoli del Paleolitico, del Neolitico e dell’età dei Metalli. Essi lasciarono dei segni arrivati fino a noi, ritrovati in diverse località cilentane come Castelcivita, San Giovanni a Piro, Castellabate e Paestum. 

Molto tempo dopo, il Cilento fu abitato dagli Enotri, antiche genti dell’Italia Meridionale, finché altri popoli arrivarono dal mare. I Greci e i Focei approdarono sulle coste e fondarono città che sarebbero diventate esempi di grandezza all’epoca e preziosi tesori culturali ancora oggi. Fra esse, Poseidonia ed Elea. Allora furono innalzate le maestose colonne dei templi che ora osserviamo mentre, con la loro possenza, proiettano ombre sulla terra. Sempre a questo periodo appartiene la scuola di filosofia che rivoluzionò il pensiero del tempo, influenzando anche quello moderno: la Scuola Eleatica di Parmenide e Zenone. 

E poi fu la volta dei Lucani che attaccarono le città per insediarvi il loro potere, finché un altro sole sorse per riportarle a nuovo splendore: i Romani. Così Poseidonia diventò Paestum ed Elea Velia. Alla caduta dell’Impero, altri popoli si insediarono nelle terre cilentane tra cui i Longobardi, che fondarono il Principato Longobardo di Salerno. Ad essi dobbiamo l’edificazione della maggior parte delle torri e dei possenti manieri sparsi come guardiani silenziosi del territorio, poi conquistati e riadattati da chi arrivò dopo, tra cui i Normanni. Un secolo più tardi, ecco comparire sulla scena una delle famiglie più importanti nella storia del luogo: i Sanseverino, principi di Salerno, che restarono al potere dal XII secolo alla metà del 1500. 

Oltre al potere di eserciti, famiglie, Baronie e Principati, anche alcune congregazioni religiose ebbero un ruolo fondamentale nella storia del Cilento. Stiamo parlando dei monaci basiliani e benedettini, che si stabilirono qui in epoca medioevale e diedero un contributo importantissimo allo sviluppo sia spirituale che economico del territorio. 

Ed eccoci al 1700 – 1800: l’era del Regno delle Due Sicilie e della dinastia più potente che il Sud della penisola abbia mai visto: i Borboni. In questo periodo, le voci che parlavano di un’antica città sommersa dai veli del tempo attirarono l’interesse dei rampolli dell’aristocrazia europea, smaniosi di intraprendere il Grand Tour alla scoperta del Belpaese. Un mondo nascosto stava per tornare alla luce. 

Siamo arrivati all’annessione al Regno d’Italia, a quando il Cilento, come tante zone italiane, diventò terra di emigrazione. Oggi è un piccolo paradiso che non vede l’ora di essere scoperto e valorizzato, e di raccontare, attraverso i suoi tesori, le pagine intense della sua lunga storia. Iniziamo, quindi, a leggerne i capitoli più intensi.

Storia e Cultura del Cilento: perché si chiama “La terra del mito”

Molte celebri località cilentane, specialmente lungo la costa, sono legate a episodi della mitologia. Qui ti narreremo quelli più famosi. 

Secondo la leggenda, il canto delle sirene è una delle magie più affascinanti e pericolose mai esistite. Proprio qui, sulle coste del Cilento, Omero ambientò l’episodio dell’Odissea in cui Ulisse si fece legare all’albero maestro della nave per poterlo ascoltare senza perdere la ragione e buttarsi in mare. Pare che l’episodio si sia svolto nei pressi di Punta Licosa, che prende il nome proprio dalla sirena Leukosia la quale, incapace di conquistare Ulisse, si tolse la vita. 

E poi c’è il mito di Palinuro, di cui Virgilio parla nell’Eneide. Il nocchiero della flotta, tradito dal dio Sonno, cadde in mare e naufragò sulla costa del promontorio che da lui prende il nome di Capo Palinuro. Un’altra versione della storia è quella che lega il celebre comune di Camerota alla ninfa Kamaraton, fanciulla di cui Palinuro si innamorò ma che lo respinse. Per il dolore, il giovane invocò il dio Sonno perché ponesse fine alle sue sofferenze.

Anche Giasone e gli Argonauti, nella loro ricerca del Vello d’Oro, approdarono sulle coste cilentane, alla foce del Sele, e fondarono il Santuario di Hera Argiva nel tentativo di ingraziarsi la dea Era.

Un’altra leggenda, questa volta legata non più al mare ma alla montagna, collega i Monti Alburni al mito dei Titani. Essi erano le divinità più antiche della mitologia greca, le forze primordiali del cosmo, figli di Urano (Cielo) e Gea (Terra). Famosa è la battaglia che essi combatterono contro Zeus e gli dei dell’Olimpo, in cui furono sconfitti. Le grandi montagne bianche sarebbero proprio i loro giganteschi corpi pietrificati. 

Siti archeologici del Cilento: il Parco Archeologico di Paestum e Velia

Nel Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, si parla di “patrimonio archeologico diffuso” per via dell’eccezionale presenza di testimonianze storico-culturali che il territorio ha dato e continua ancora a ridare alla luce. Tra queste, due delle più importanti e suggestive sono i resti di Paestum e di Velia, due polis della Magna Grecia diventate poi città romane. Oggi il Parco Archeologico di Paestum e Velia tutela questo imperdibile pezzo di storia cilentana. 

Il Parco Archeologico di Paestum, situato vicino alla costa nel comune di Capaccio, è famoso per i templi di Nettuno, Hera e Atena che richiamano alla mente tutta la suggestione e la potenza delle divinità classiche.
L’antica Poseidonia, questo il suo nome greco originale, fu fondata nel 600 a.C. in onore di Poseidone dio del mare. Come città greca crebbe in splendore e potenza, poi divenne colonia romana e la sua ascesa continuò fino a quando, con l’insabbiamento del suo porto e le incursioni saracene, si spopolò lentamente. Così, abbandonata a sé stessa, cadde nell’oblio e, con il passare dei secoli, la terra la nascose allo sguardo umano. Rimase dimenticata fino a quando, in epoca rinascimentale, iniziarono a girare racconti su una antica città scomparsa narrata in alcuni versi di Ovidio e Virgilio. Tempo dopo, i primi ritrovamenti attirarono l’interesse di Goethe e dei giovani rampolli aristocratici che intraprendevano il Grand Tour. 

Il Parco Archeologico di Velia, invece, sorge più a sud, nel comune di Ascea. Essa è la culla di una delle scuole di pensiero più importanti mai esistite: la scuola Eleatica, scuola filosofica presocratica fondata da Parmenide.
Essa nacque nella seconda metà del VI sec. a.C. con il nome prima di Hyele e poi di Elea. Fu una delle polis più ricche della Magna Grecia e poi, anch’essa, divenne fiorente colonia romana. La sua forza commerciale crebbe grazie ai suoi due porti, uno sul mare e uno sul fiume Alento, e alla sua posizione elevata. Anch’essa, dopo secoli di splendore, cadde in declino quando i porti della città si interrarono e Roma la tagliò fuori dai traffici commerciali con l’Oriente. Oggi ciò che attira subito il nostro sguardo è la torre che svetta sul promontorio dove una volta sorgeva l’acropoli. È una fortificazione risalente a quando in epoca medioevale, sui resti dell’antica città, venne costruito un insediamento chiamato Castellammare della Bruca. Intorno alla torre, però, i resti portati alla luce dagli scavi raccontano tutta la storia di Elea-Velia riconosciuta, insieme a Paestum, Patrimonio dell’Umanità Unesco.

Altri siti archeologici del Cilento

Il nostro viaggio nel tempo continua. Altri siti archeologici, altre pagine di storia meno famose di quelle già citate meritano di essere conosciute. 

Iniziamo dal Museo Paleontologico di Magliano Vetere per fare un salto indietro nel tempo, il più indietro possibile. Qui, in 5 sale espositive, 3 laboratori e 2 aree didattiche esterne potrai ammirare importanti ritrovamenti fatti nel territorio cilentano. 

E poi passiamo alle rovine di città e villaggi disseminate nel selvaggio territorio cilentano. 

Di enorme interesse è il Sito Archeologico del Monte Pruno, nei pressi del paese di Roscigno. Qui si trovano i resti dell’antico muro di difesa costruito intorno all’insediamento sulla vetta, un’opera possente, larga ben cinque metri, ancorata nella roccia viva. Sembra che esso sia opera dei Lucani che occuparono l’area precedentemente abitata dagli Enotri. Tra le scoperte più famose di Monte Pruno c’è la Tomba del Principe, sicuramente appartenuta ad un nobile, un capo di stirpe enotria. 

Nel Cilento Interno, protette dall’ombra di un castagneto, si trovano i resti dell’insediamento fortificato di Moio della Civitella. Sembra che la fortezza sia stata edificata nel IV secolo a.C per opera di architetti militari legati alla città greca di Elea. Gli scavi, però, testimoniano che le prime tracce elleniche in loco risalgono a due secoli prima, come si può vedere dalle mura e dal terrazzo dell’Acropoli con la zona abitativa che mostra tracce di tecniche costruttive differenti. 

Altra colonia greca che merita una visita è la città antica di Pixous, più tardi latinizzata in Buxentum, dove ora sorge l’attuale Policastro Bussentino. Essa è uno dei siti meglio conservati del Cilento. “Policastrum” deriva dal latino “città fortificata”, infatti il muro di cinta è rimasto intatto fino a tempi recenti. Uno degli aspetti più interessanti, qui, è la perfetta integrazione tra il centro storico medioevale e il precedente abitato a cui si è sovrapposto, il che permette di poter osservare tutte le fasi costruttive. 

Oltre a questi siti, ricordiamo l’insediamento enotrio di Palinuro, l’area archeologica di Laurelli di Caselle in Pittari, il Parco Archeologico di Roccagloriosa con i due Antiquaria locali, l’Archedromo di Valicelli nel comune di Monte San Giacomo dedicato alla preistoria del territorio, il Parco Archeologico di Cosilinum a Padula e lo scavo sulla montagna di Castelluccio, nei comuni di S. Mauro La Bruca e Pisciotta.

Antichi manieri e torri guardiane

La storia medioevale del Cilento è testimoniata da castelli e torri sparsi un po’ ovunque: dal mare, alle colline, alle montagne. Occhi attenti sul territorio circostante, edificati in punti strategici, alcuni erano la dimora di nobili famiglie locali. Queste fortezze risalgono per la maggior parte all’Alto Medioevo ad opera dei Longobardi e, successivamente, passarono sotto l’egemonia di Normanni, Angioini, Aragonesi e Spagnoli. Oggi una parte di questi manieri è visitabile, altri sono solo dei ruderi che giacciono come silenziosi testimoni del passato. 

Fra i più belli del Cilento, te ne consigliamo alcuni vicino al mare, altri nell’entroterra e nelle zone montuose.
Vicino alla costa: il Castello dell’Abate che dà il nome al borgo di Castellabate, con le sue bellissime sale, torri e gallerie sotterranee, oggi sede di cerimonie; il Castello Angioino Aragonese di Agropoli, oggi location di eventi culturali che nel suo passato fu sia presidio militare che residenza nobiliare; Palazzo Vinciprova di Pioppi, oggi sede dell’Ecomuseo della Dieta Mediterranea e del Museo Vivo del Mare; il Castello dei Principi Capano di Pollica, con la sua possente torre a pianta quadrata che domina il piccolo centro abitato; il Palazzo Marchesale di Marina di Camerota, edificato sul mare per volere dell’ultimo signore feudale del borgo e che ebbe poi diversi proprietari; il Castello Marchesale di Camerota, vera e propria fortificazione di epoca normanna con tanto di mura merlate e fossato. 

All’interno e sui monti, invece, raccomandiamo una visita a: il Castello di Rocca Cilento, da cui si può ammirare tutta la costa tra Capo Palinuro e Punta Campanella, oggi adibito a prestigiosa location per matrimoni con lussuose suite e un ristorante; il Castello Filomarino di Roccadaspide che ha il tipico aspetto delle costruzioni militari quattrocentesche; il Castello Feudale di Felitto, perfetto esempio di antico maniero, probabilmente di epoca angioina; la Torre e il Castello Talamo-Atenolfi di Castelnuovo Cilento che dominano dall’alto tutta la valle di Elea; il Castello Macchiaroli di Teggiano, che nel passato fu scenario di grandi avvenimenti storici e oggi è luogo ideale per ricevimenti e grandi eventi; il Castello di San Severino vecchia, ormai rudere; il Castello normanno di Postiglione, imponente maniero normanno che gode di una posizione strategica che, quando il cielo è terso, permette di ammirare il mare fino a Capri con i suoi faraglioni; il Castello di Atena Lucana, che sorge in cima al paese omonimo e che, come molte altre fortificazioni citate prima, porta inciso nella sua storia il nome dei Sanseverino.

Paesi fantasma del Cilento

Di tutta la provincia di Salerno, il Cilento è la zona più ricca di borghi fantasma, luoghi in cui sembra di sentir scricchiolare il tempo tra i muri ruvidi degli edifici abbandonati e dove la suggestione creata dal silenzio è fortissima. 

Roscigno Vecchia, Patrimonio UNESCO, si spopolò nel ‘900 perché, già da secoli, la terra sotto il paese franava. Oggi qui vive un solo abitante e passeggiare per le vie del paese abbandonato è come immergersi in un mondo passato, un centro agricolo-pastorale rimasto fermo nel ‘700 - ‘800. Il borgo appare come una fotografia color seppia, dove tutto è com’era: le porte delle case ancora aperte e le botteghe con le insegne di un tempo, fra cui la scritta “Bar Roma” appesa sullo stipite di quel luogo di socialità dove i contadini si ritrovavano dopo una lunga giornata di lavoro. 

A quattro chilometri si trovano i ruderi di Sacco Vecchia, antico centro di origine longobarda arroccato a 600 metri di altezza su una rupe che sovrasta la valle del Sammaro. Qui ci aspettano i resti della cinta muraria, del castello, della chiesa di San Nicola e… la leggenda di un fantasma. 

Più a sud, non distante da Centola e dalla celebre Palinuro, il Borgo Medievale di San Severino di Centola presenta stratificazioni di diverse epoche. Arroccati sulla roccia che domina la valle del Mingardo, si ergono i resti del castello, della torre longobarda, delle abitazioni, il palazzo baronale e le chiese di S. Maria degli Angeli e di San Nicola. Un piccolo mondo costruito seguendo le forme della roccia, a strapiombo su un panorama mozzafiato.

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